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22 Febbraio 2018

Storia, potere e cultura: Walter Benjamin

Scritto da Redazione Openddb in 

(…) togliersi dalla testa tutto quel che sa del successivo corso della storia.
(…) La natura di questa tristezza si chiarisce chiedendo in chi veramente si immedesimi lo storico storicista.
La risposta suona inevitabilmente: nel vincitore. Ma di volta in volta i dominatori sono gli eredi di coloro che hanno vinto.
Walter Benjamin, Sul concetto di Storia.

LA CULTURA: UNA QUESTIONE DI POTERE

Il valore del cinema documentario consiste anche nel mettere in relazione narrazioni lontane fra loro nel tempo e nello spazio. Queste narrazioni, in dialogo fra loro, possono arricchire la nostra riflessione su questioni ricorrenti nella nostra storia culturale come, in questo caso, la relazione fra storia, cultura e potere. Che percorso tracciare fra il racconto della vita di Lina Mangiacapre, artista femminista napoletana con fortissime implicazioni politiche, l'esperienza dei giovani mozambicani protagonisti del film “Tjamparanjani!”, che portano avanti una pratica artistica senza pretese, e per ultimo lo scenario oppressivo mostrato da “La fête est finie” in seguito alla nomina di Marsiglia a Capitale della Cultura? Certo, è evidente la tematica artistico-culturale, benché declinata in tre mondi così diversi tra loro, tuttavia sottotraccia si scopre un trait-d'union di una certa rilevanza: una questione politica e storica che, asciugata da tutte le componenti circostanziali, rivela fondamentalmente una dinamica di potere.

LA STORIA SCRITTA DAI VINCITORI

A chiarire la situazione viene in nostro soccorso il filosofo tedesco Walter Benjamin, con il libro “Sul concetto di Storia”, scritto nel 1940 ma pubblicato postumo nel 1950. Nell’opera Benjamin sostiene, in sostanza, che la Storia è scritta dai vincitori. Va da sé che il filosofo intende il corso storico sempre come un punto di vista parziale, il bottino dei potenti, di fatto un processo escludente che, scegliendo di raccontare solo alcuni fatti, conseguentemente ne omette altri.
Questo processo, quasi una damnatio memoriae, è considerato da Benjamin in relazione alla Storia, ma si può facilmente applicare in maniera estesa anche alle produzioni artistiche e culturali, a cui i film si riferiscono più esplicitamente. È allora interessante osservare in vari ambiti il crearsi di una "Cultura ufficiale", pubblicamente riconosciuta, che tende a escludere le marginalità più critiche.

IL DESTINO DI LINA MANGIACAPRE

È sicuramente una dinamica di questo tipo che ha escluso Lina Mangiacapre dalla maggior parte dei libri di Storia dell’Arte: la sua opera così aderente alla politica e alla società, con quel suo intento di scardinare i capisaldi della società italiana degli anni ’60 (quali una certa visione della donna o la famiglia tradizionale), ha dato fastidio a molte persone e molto potenti. Bandirla dalla storia dell’arte equivale a spingerla verso l’oblio, preferendo citare altri artisti magari altrettanto o più provocatori (vedi i vari Piero Manzoni o Marcel Duchamp per dirne alcuni) ma riguardo questioni meno connesse al potere dominante.

Documentari storie dal mondo

ARTE “MINORE”

Il film Tjamparanjani! evoca questioni legate alle eredità del colonialismo e all’influenza che le culture altre rispetto a quella europea ebbero in tutto il vecchio continente. In Europa l’interesse per l’arte africana nasce in seguito alle numerose mostre che erano state organizzate in tutte le principali città europee tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, tra le altre Anversa, Bruxelles, Colonia, Parigi.
Questa fascinazione, se da un lato agisce da convalida dell'operato delle potenze coloniali europee in quelle “terre incivili”, dall'altro reca con sé una sorta di “mito del buon selvaggio”, che si riflette nella diffusione di tendenze primitiviste in Europa, anche in campo artistico (da George Seurat a Paul Cézanne, fino ad arrivare a Gauguin e Picasso).
Le produzioni culturali di altre civiltà, rilette secondo le categorie artistiche occidentali sono così vittima di uno strano paradosso: oggetti di vita quotidiana (piatti, punte di lance, collane, maschere ecc) sono esposti nei musei come fossero opere d’arte, con tanto di teca e didascalia. Al contrario le opere d’arte vere e proprie non vengono prese in considerazione, come se fossero un riflesso “non orginale, non autentico” dell'influenza occidentale su questi mondi esotici. Insomma, un'arte di serie B.
È difficile che tutto ciò che viene prodotto sull’isola di Pemba venga un giorno considerato arte, e anche se fosse, verrebbe considerata arte di grado più basso, minore, perché non creata dalla società occidentale. La dinamica di esclusione che troviamo nel film di Meloni è quindi frutto di un'asimmetria, di una lettura delle altre civiltà fatta dagli europei, che scegliendo di mettere in risalto solo certi aspetti della cultura mozambicana, ne oscura o adatta altri aspetti. Ed è esattamente come se si riscrivesse la loro storia, nella versione dei vincitori di oggi.

LA FINE DELLA FESTA

“La fête est finie”, parlando di Marsiglia fra il 2013 e il 2015, riesce a cogliere l'agire di un processo in tempo reale. Dopo le riqualificazioni immobiliari che seguono la nomina della città a Capitale Europea della Cultura, intere porzioni di popolazione dalle origini più svariate sono state costrette a trasferirsi dalla propria casa alla periferia, quasi a far sì che non intralcino la cerimonia d’apertura.
In questo caso i “vincitori”, per dirla sempre con le parole di Benjamin, sembrano essere coloro che fanno parte della classe politica dominante, i quali, in una Marsiglia storicamente multietnica, non si sono limitati ad escludere determinate culture (in particolar modo quelle del Maghreb), ma hanno costruito degli spazi ad hoc nei quali esporre una versione “riveduta e corretta” della storia di queste genti. In fin dei conti, un ingombrante approccio post-coloniale caratterizza le politiche culturali della città: da un lato si inaugura nel cuore del porto storico il Museo delle Civiltà dell'Europa e del Mediterraneo (MuCEM), dall'altro si nega a gran parte degli “eredi” di queste civiltà qualsiasi cittadinanza nel centro della nuova Marsiglia.