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26 Febbraio 2020

Si chiamava Mohamed. Ancora un morto sul confine Italia-Francia.

Scritto da Redazione Openddb in 

Era il 7 Settembre 2019. Mentre ci trovavamo a Bologna per una serata di crowdfunding del nostro film The Milky Way, diversi amici incontrati e conosciuti durante le riprese del film iniziarono a scriverci “Siamo a Bardonecchia, è stato trovato un cadavere nel fiume vicino al centro del paese”.

Il corpo senza vita era stato avvistato verso la sera da un passante sul greto della Dora. Dopo l'allarme era scattato l'inizio delle operazioni di recupero e le prime notizie sommarie: il corpo decomposto, irriconoscibile, di cui si riusciva a risalire esclusivamente al sesso (maschile) ed al fatto che la sua pelle fosse scura.

In tanti, immediatamente, abbiamo pensato che si trattasse di un migrante, di una delle numerose persone che ogni giorno provano a valicare il confine occidentale tra Italia e Francia passando per valichi alpini e sentieri, cercando di sfuggire ai controlli delle autorità francesi. Poi più nulla, se non le informazioni ufficiali che parlavano di “tempi lunghi” per l'autopsia e le scarse possibilità di riuscire a dare un nome a quel corpo arrivato in centro a Bardonecchia.

Fino ad oggi quando, apprendiamo dai mezzi di informazione, quel corpo martoriato è stato ufficialmente identificato come Mohamed Ali Bouhamdi, cittadino tunisino di 37 anni. Sarebbe stato un tatuaggio, una piccola “K” tatuata sulla mano sinistra, a rendere possibile l'identificazione.

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Secondo quando scrive Repubblica, “l'uomo era stato fermato in precedenza per controlli e identificato dalle forze di polizia”. Da lì è stato possibile formulare un'ipotesi e procedere a una comparazione genetica con i presunti genitori, cosa che poi ha portato alla conferma definitiva.

Di quel “corpo senza nome” ora si sa di più: da dove arrivava e dove era diretto, in Francia evidentemente, o ancora oltre. Anche lui come tantissimi sfidando le Alpi, camminando tra la neve, dribblando i controlli e le violenze della gendarmerie francese, sfuggendo ad un paese, il nostro, che riesce a trasformare gli essere umani in numeri e pacchi, pesando la vita delle persone meno di un misero pezzo di carta che può fare la differenza tra la possibilità di una vita dignitosa ed il baratro di una vita vissuta in clandestinità. Un'altra morte assurda, di cui non sappiamo praticamente nulla se non la sua tragica conclusione. Come e perchè è morto Mohamed? Di freddo, di stenti, cadendo in un dirupo? Tutte ipotesi che sono ben più di una possibilità: sono le storie di coloro morti su queste montagne a partire dal 2018.

Blessing Matthew, ragazza nigeriana di 20 anni che, nella notte tra il 7 e l'8 Maggio 2018, ha trovato la morte già in Francia, a pochi chilometri da Briançon, dopo un agguato teso di notte da una pattuglia di gendarmi che l'ha costretta alla fuga. Le urla disperate sentite dai compagni di viaggio, poi il silenzio, ed una decina di giorni dopo il ritrovamento nel torrente Durance diversi chilometri più a valle. Una morte senza colpevoli visto che la magistratura francese non ha neanche voluto aprire un'inchiesta.

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Mamadou-Alpha Diallo, anche lui solo vent'anni, che voleva andare in Spagna ed invece ha trovato la morte nei boschi sopra Les Alberts, un villaggio prima di Briançon. Ibrahim, un suo amico, era riuscito a raggiungere il Refuges Solidaires di Briançon completamente stremato, raccontando di avere vagato per tre giorni in montagna prima che Mamadou-Alpha cadesse da una roccia “senza più svegliarsi”.

Mohamed Fofana, 28 anni, partito dalla Guinea, che dopo essere stato respinto alla frontiera tra Italia e Francia è morto mentre cercava di rientrare verso Bardonecchia. Rannicchiato in un anfratto del terreno, così è stato trovato da un cacciatore il 25 Maggio 2018, dopo che probabilmente aveva passato lì l'intero inverno, morto di stenti, di freddo, da solo.

Tamimou Derman, 29 anni del Togo, trovato nella notte tra il 7 e l'8 Febbraio 2019 in ipotermia ed in arresto cardio-respiratorio ai bordi della strada statale che da Monginevro scende verso Briançon. Aveva perso le scarpe lungo la strada, ma aveva continuato il suo cammino per poi crollare a 3 km dal “traguardo”. I suoi compagni di viaggio avevano cercato invano di allertare i soccorsi per oltre 2 ore, fin quando un camionista si era fermato dando l'allarme, ormai troppo tardi. Morto di freddo, nel 2019, nel cuore dell'Europa.

Oggi questo confine rivendica il suo quinto morto, o il sesto più probabilmente, visto che di un ragazzo maliano facente parte di un gruppo di 14 persone disperso a Novembre 2018 (10 vennero recuperati dal soccorso alpino, 3 riuscirono ad arrivare a Briançon) non si è saputo mai più nulla. Morti assurde provocate dalla stupidità e dall'assurdità dei confini, dalla barbarie delle leggi italiane, francesi ed europee che obbligano le persone a rischiare la vita per cercare un futuro migliore. Non è colpa della montagna.

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È la frontiera che uccide. Ancora una volta. Un confine che chi ha la pelle bianca attraversa tranquillamente in auto, in bus o treno (spendendo pochi euro) oppure sciando o passeggiando nei luoghi del turismo luccicante che proclama lo "sciare senza senza confini", mentre chi ha il colore della pelle "sbagliato" è costretto ad attraversate lunghe, pericolose e a "deviazioni" mortali a causa della militarizzazione del confine e della violenza della gendarmerie francese.

Gli ultimi anni ci stanno tristemente “abituando” alle cosiddette “tragedie dell'immigrazione” che si consumano quotidianamente. Basti pensare alla rotta del mediterraneo centrale che ha visto decine di migliaia di persone morire annegate e perdere la vita. Lo abbiamo ripetuto tante volte durante questi mesi trascorsi in tour. Si potrebbe pensare che, tutto sommato, i cinque (o sei) morti di questo confine sono una tragedia, certo, ma “poteva andare peggio” visto i numeri terribili che raccontano altri confini. E invece, così come ci racconta in The Milky Way Pierre-Hyves Dorè, abitante di Briançon e attivista dell'associazione Tous Migrants, dobbiamo ribaltare questo discorso ed affermare con forza che “uno è già di troppo”.

R.I.P.  Mohamed